Recensione Manga – Pink di Kyoko Okazaki

A cura di Deda

Titolo: Pink
Autrice: OKAZAKI Kyoko
Categoria: Josei/Seinen*

*La rivista di serializzazione ha un target adulto “unisex”

:: Il manga in Giappone :: 
Casa editrice: Magazine House
Numero di volumi: 1-concluso
Anno di pubblicazione: 1989
Rivista: New Punch Zaurus

:: Il manga in Italia :: 
Casa editrice: Dynit
Numero di volumi: 1-concluso
Anno di pubblicazione: 2019
Collana: Showcase
Costo: 17,90 €, 260 pp.

Storia
Perché pink, rosa? È forse perché questa è una storia vista attraverso delle lenti di questo colore? Forse perché come in una favola la protagonista della storia vede la vita in rosa, come diceva la canzone di Edith Piaf, quando si innamora?
Tutt’altro: Yumi è una ragazza innamorata del colore rosa ma non della vita in rosa… di giorno lavora in un ufficio come OL (office lady) e la sera “arrotonda” facendo la prostituta. Non per necessità: è una sorta di escapismo il suo, una forma di ribellione magari. Tuttavia non è una vita grama quella di Yumi; si diverte, è anticonvenzionale e libera, il secondo “lavoro” le consente di mantenere agevolmente il suo adorato animale domestico: un coccodrillo. E lei adora questo coccodrillo tanto che la sua stanza è pressoché vuota ma sempre calda e umida… habitat ideale per la bestiola.
Tuttavia, Yumi è una sorta di Biancaneve, come ce la illustra la Okazaki nelle pin up dei capitoli… con una terribile matrigna (madre di una dolcissima sorellina che adora Yumi ed è, come lei, indipendente e autonoma e anticonformista) tanto vanitosa che, per sentirsi giovane, seduce uomini più giovani di lei. Be’, uno in particolare, il giovane Haruo, incontra Yumi e la sua sorellina e tra i tre nasce una sorta di alleanza e affinità quasi come se queste tre personalità, così anticonformiste, possano in realtà vivere una vita normale SOLO in comune.
Haruo vorrebbe fare lo scrittore e le ragazze si offrono di leggere e testare il suo romanzo…
La storia tra Haruo e Yumi si fa, poi, seria e i due cominciano col vivere una normale e sana (o quasi, per quanto permettano i loro caratteri) storia d’amore…
Ma cosa ne pensa la matrigna di Yumi di questa relazione tra la figliastra e il proprio amante… credete che un personaggio stile strega Grimilde riesca a farsi sfuggire… i segni che un’altra donna lascia sul corpo del suo giocattolino? E se Haruo avesse contemporaneamente anche due piedi in una staffa (un’altra ragazza)?
Questi sono pensieri che non turbano minimamente Yumi, anche se possono stressare un po’ Haruo… tuttavia è la matrigna ad agire, come se il motore portante di tutta la storia fosse la perfidia di questa donna… perfidia che mostra in tutta la sua grandiosità attaccando la povera Yumi nella cosa alla quale tiene maggiormente: il coccodrillo!
E in quale modo una donna perfida, vanitosa e che ha paura di invecchiare può tollerare e percepire un coccodrillo se non nel suo aspetto più “modaiolo”… diciamoci la verità questa bestiola è abbastanza grande e abbastanza bella da fare un bel set di valige!
La reazione di Yumi allo strano regalo è di gioia… finché non si rende conto da dove provenga il materiale di cui è fatto il set… è solo allora che vediamo l’umanità di Yumi prendere il sopravvento, l’unico aspetto normale del suo carattere, sotto forma di rabbia.
Convinta e persuasa nel voler ricambiare la cortesia alla matrigna, va da lei con una bella mazza da baseball ed è decisamente solo l’affetto per la sorellina a fermarla… e la frase della bambina è veramente emblematica: anche se questa donna ha un karma pesante, è comunque mia madre… anche tu ami tua madre, no?
Almeno Yumi riesce a togliersi la soddisfazione di distruggerle la plastica facciale (e farle uscire un po’ di silicone dal naso)… e tuttavia ha anche trovato il modo di stare sempre insieme al suo coccodrillo e poterlo portare con sé in viaggio… verso le Hawaii… dove conta di andare con Haruo e la sorellina per abbandonare definitivamente una vita che va troppo stretta a tutti e tre… e quindi si preparano e sono pronti a spiccare il volo… fino allo scioccante e inaspettato finale.

Considerazioni
Pink è un manga del 1989 ma non per questo risulta datato. È anzi estremamente avanti per i suoi tempi! È disegnato con lo stile semplice e quasi da fumetto della domenica (vignette) della Okazaki: con quattro linee la donna traccia un volto e lo rende talmente espressivo da far risultare impossibile non credere a quello che il personaggio pensa. È una storia un po’ bizzarra, lo spaccato quotidiano di tre persone egocentriche che formano un sodalizio fino a creare una sorta di famiglia… e poi c’è il coccodrillo che non è un mero soprammobile, ha una spiccata personalità anche se non sembra un coccodrillo (e la Okazaki lo ammette di averlo introdotto senza sapere bene come disegnarlo)…
La storia mantiene dei toni frizzanti e favolistici, tuttavia quando incombe il nero nelle tavole qualcosa di “pesante” si fa strada nella mente dei personaggi… ma è quasi il bianco totale a essere più terrificante.
Le tavole si barcamenano agevolmente tra bianco, nero e retini grigi… senza sfumature, senza tentativi non plausibili di un realismo che stonerebbe non poco col tipo di storia narrata. La personalità dei personaggi è ben studiata, sempre coerente, ci fa sorridere, ci fa pensare… ben presto Yumi e compagnia diventano persone reali alle quali ti affezioni e a ogni pagina che si volta è come cambiare canale sulla TV, o come guardare dalla finestra e trasformarsi in un voyeur che spia la quotidianità del vicino.
Il finale è completamente spiazzante… tuttavia ha un che di innocente e indefinito… La mente di Yumi è quasi sempre proiettata verso il futuro e quindi, anche nel finale, Yumi guarda avanti e sfugge dalle dita del presente.

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